28.7.12

HAUSU


Giappone
1977
87 minuti
colore
1.33:1





Vero e proprio delirio pop-psichedelico degli anni '70. Allucinato e allucinante. Insensato e stupido fino al midollo per quanto concerne la sceneggiatura, ma potentemente ipnotico ed affascinante sotto l'aspetto visivo, che ne fa il suo vero punto di forza e che resta, chiariamolo subito, l'unico, incontestabile motivo per cui Hausu meriti la visione. 
Parte come una strampalata commediola per teen-ager, con un gruppo di giapponesine urlanti a far da protagoniste. Quando una di loro scopre che il padre vuole risposarsi, rinuncia alla vacanza estiva già programmata e decide di passare con le amiche, qualche giorno nella "hausu" di una sua zia che non vedeva da anni. Peccato che quest'ultima in realtà sia una sorta di strega (che rivive per poter rincontrare un giorno il suo fidanzato, disperso durante la Seconda Guerra Mondiale) intenzionata a cibarsi delle scanzonate giovincelle... 
Per più di una mezz'ora abbondante non succede praticamente nulla! A meno che qualcuno non si diverta guardando 6 ragazzine tutte salti e urla che escono dalla scuola, fanno commentini sui professori e partono per un lungo viaggio in direzione di quella Hausu che, verso metà film, diventerà una micidiale trappola infernale affamata di carne umana dove pianoforti carnivori, arti amputati che volano, scheletri danzanti, disegni che si animano, armadi sanguinanti e gatti sputasangue si fondono con gli esuberanti e lisergici virtuosismi di macchina diretti con grandissima maestria da Obayashi (autore proveniente dagli spot pubblicitari), ralenty, stop-motion, colorazioni in tinte acide... e mai come in questo film quello che conta sono esclusivamente le immagini.
Puro stile slapstick, pura psichedelic-art!
Da culto il gatto Fiocco di Neve, vero "attore" del film!
Da dimenticare invece la stupida canzoncina che suona per tutta la durata, una delle cose più odiose abbia mai sentite.

25.7.12

LE ORME

LUIGI BAZZONI

Italia
1975
92 minuti
colore
1.85:1




Thriller atipico nel panorama del cinema di genere italiano degli anni '70. 
Florinda Bolkan interpreta la parte di Alice, una traduttrice ossessionata da un incubo ricorrente in cui vede un astronauta che viene abbandonato sul suolo lunare a causa di un misterioso esperimento. Durante il film veniamo a sapere che l'incubo di Alice altri non è che un film di fantascienza intitolato "Orme sulla Luna" e che ella vide da piccola restandone traumatizzata. Dopo aver ritrovato in camera sua una foto strappata raffigurante una località (Garma) in un non meglio identificato Stato Arabo, nella sua mente cominciano a riaffiorare dei flash di un passato recente che la convincono a partire. A Garma Alice scopre di essere già stata lì, ma tutti la conoscono come Nicole, in più la donna, comincia a sospettare che un'organizzazione (con a capo uno stralunato Klaus Kinski) stia tramando contro di lei... Cinema mentale e psicologico, di difficile catalogazione esclusivamente nel genere.  
Le Orme, tratto da un romanzo di Mario Fenelli (Las Huellas), per il suo stile ed il ritmo (un pò troppo lento a dire il vero, nella parte centrale), lo rende accostabile anche all'arthouse. La fantascienza in questo film è solamente un pretesto, viene usata come sfondo onirico per addentrarsi in realtà nella psiche frammentata della protagonista. La mente viene solcata dalle Orme dei due astronauti (psichiatri), che condurranno Alice/Nicole direttamente verso il tunnel della follia, in uno dei più allucinanti e migliori finali del cinema italiano di quel periodo, grazie all'ottima fotografia dai toni azzurri realizzata da Vittorio Storaro.

4.7.12

DANSE MACABRE

PEDRO PIRES

Canada
2009
8 minuti
color
2.35:1




"Il cammino intimo di un corpo dopo la sua morte!"
"Per un pò di tempo dopo la morte, noi ci pensiamo completamente inerti. In realtà il nostro corpo è animato, esso si esprime e si agita in un macabro balletto finale."
Questa la sintesi e l'essenza di Danse Macabre, stupendo e inquietante short film che ci arriva direttamente dal Canada, nato da un idea di Robert Lepage e diretto da Pedro Pires. Proiettato in svariati Festivals tra cui il TIFF (Toronto International Film Festival), Danse Macabre ricorda moltissimo per il tema trattato (la morte) i primi lavori dello spagnolo Nacho Cerdà, soprattutto il suo film di culto Aftermath (1994), vero e puro esempio di "splatter d'autore". In quel film, il corpo dopo la morte diventava solamente un oggetto da "usare", non c'era un'anima e l'unico momento di "spiritualità" s'intravede nella sequenza della collanina con il crocifisso data in mano ai genitori. Danse Macabre ci mostra invece un corpo che anche dopo la sua morte fisica, continua a vivere e a muoversi, danzare all'interno di una bara (mentre frammenti di una vita passata passano davanti agli occhi), o piangere durante l'autopsia.. E nemmeno il momento della cremazione finale, sembra spegnere definitivamente quella luce (la fiamma) che continua a sopravvivere. Per il resto le analogie con Aftermath si notano soprattutto nei dettagli (lo scolo del lavabo, il getto d'acqua), e l'ambientazione centrale (la sala delle autopsie). 
Il film è stato realizzato in due versioni, una da 6 minuti circa, che è quella che si può visionare su youtube e un'altra, al momento introvabile, che dura circa 8 minuti, ed è quella che si è vista alle proiezioni.
Il regista Pedro Pires è uno stretto collaboratore di Robert Lepage e ha lavorato con Francois Girard nel film Il Violino Rosso.

7.6.12

THE BROKEN

SEAN ELLIS

Francia, Uk
2008
88 minuti
color
1.85:1




Gina lavora come radiologa, la sua vita è appagante, ha una famiglia molto unita e un fidanzato con il quale è in procinto di andare a vivere insieme. Un giorno però accade qualcosa, un incidente d'auto a cui Gina scampa miracolosamente, spezza la sua tranquillità innescando una serie di strane visioni e avvenimenti che sembrano coinvolgere anche tutti coloro che le stanno accanto...
Ci sono film horror realizzati solo ed esclusivamente per puro intrattenimento, grondanti ettolitri di sangue e infarciti di scene raccapriccianti, mediamente legati da una storia semplice e basilare la quale non richiede grandi attenzioni da parte dello spettatore per cercare di capire quello che sta succedendo.
Esiste invece un'altra faccia dell'horror, più profonda e autoriale, che non punta solamente sul sangue o l'effetto speciale in sè, ma lavora sui binari dell'angoscia e del dubbio, affondando le sue radici nella psiche umana o nel surreale e mediamente questo tipo di film và visto e vissuto per quello che è, ovvero un viaggio, un sogno. Ecco, The Broken fa parte di questa seconda categoria e la spiegazione di ciò che vediamo, stà tutta in questa breve citazione di Poe, con cui si apre il film:

"Tu hai vinto, ed io ho perso."
"D'ora in poi sei morto anche tu. Morto per il mondo, per il paradiso e per la speranza!"
"In me sei esistito e, nella mia morte, come vedi da quest'immagine, che è la tua, scoprirai come hai completamente ucciso te stesso."

Egdar Allan Poe
The Broken è un film sul tema del doppio, attraverso uno specchio, un inquietante specchio che si frantuma improvvisamente in mille pezzi, come la psiche della protagonista, come in Repulsion (le crepe nel muro), ed è soprattutto un film che percorre liberamente la sua strada fregandosene dei soliti canoni stereotipati, e fa bene The Broken!
Non sarà un capolavoro, non è sicuramente ai livelli di un Aronofsky (Il Cigno Nero, tanto per restare in tema), ma è pur sempre un ottimo psycho-horror: adulto, stiloso, glaciale e penetrante. Elegante e minimale come pochi in circolazione in questo momento, riesce a dare una boccata d'ossigeno al panorama horror attuale e non si serve dell'effetto grandguignolesco fine a se stesso per provocare a tutti i costi (solo due le scene gore presenti).
Ottime le musiche di Guy Farley, soprattutto la traccia dei titoli di coda.

31.3.12

THE DEAD OUTSIDE

KERRY ANNE MULLANEY

Uk
2008
84 minuti
colore
2.35:1 




Interessante horror scozzese indipendente dal taglio minimalista. Esordio della regista Kerry Anne Mullaney, che ha anche co-sceneggiato il film con Kris R. Bird. Presentato in anteprima al London FrightFest Film Festival, il 25 agosto 2008, si è portato a casa anche una discreta manciata di premi e riconoscimenti  tra vari Festival cinematografici, tra cui una Menzione Speciale della Giuria al Festival Internazionale della Fantascienza di Trieste. Girato in 15 giorni con un budget estremamente ridotto, sotto il profilo della sceneggiatura il film non aggiunge nulla di nuovo a quanto già detto finora sul genere "pandemico / infetti" (ai tempi del buon vecchio Romero si chiamavano "zombi"!) e la trama è presto detta: nel solito mondo ormai devastato, questa volta da un virus di origine neurologica che ha trasformato la popolazione in un branco di violenti appestati, David finisce in una fattoria isolata dove incontra April, un'altra sopravvissuta alla pandemia, con un passato doloroso e oscuro. Dopo i primi momenti di diffidenza, tra i due sembra instaurarsi un rapporto di reciproca fiducia, ma l'arrivo improvviso dell'enigmatica Kate, sconvolgerà l'equilibrio nella vita dei due protagonisti...
La differenza principale che contraddistingue The Dead Outside dalle altre pellicole della stessa fattura, è che l'azione viene quasi totalmente annullata per lasciare spazio invece a uno studio (non troppo approfondito a dire il vero, il finale lascia molti interrogativi!) sugli stati psicologici dei personaggi. La figura del "contagiato" resta sullo sfondo per tutta la durata del film, quasi del tutto invisibile all'occhio dello spettatore e le poche sequenze dove gli infetti fanno la loro apparizione, sono girate per la maggior parte al buio e ad un ritmo velocissimo, oppure fanno parte di rapidi flashback, come quelli che ripercorrono nelle menti di Daniel e April (entrambi hanno perso tragicamente le rispettive famiglie). Sotto questo lato i fans del gore e dell'azione sfrenata rimarranno sicuramente delusi, ma in compenso The Dead Outside ha quel qualcosa di atipico che affascina, e che lo distingue dalle varie produzioni indipendenti straight-to video che popolano il mercato video. E calcolando l'esiguo budget, il punto di forza del film risiede sotto l'aspetto tecnico, il che non è poco: ottima la fotografia cupa e gelida, le inquadrature oblique abbinate a un grande uso dell'effetto sfocato, le musiche e gli effetti sonori azzeccati. I momenti di maggior clima raggiungono l'apice nelle sequenze dei flashback, realizzate con una fotografia quasi desaturata, che risulta decisamente inquietante (da menzionare l'immagine sfocata del padre di April, ormai contagiato, che scende le scale) . L'atmosfera che si respira, soprattutto nella parte finale, riporta alla memoria le origini del genere: il virus misterioso, l'assedio in una zona isolata, i tentativi di fuga.. Osservando attentamente il film nel suo complesso, Kerry Anne Mullaney si avvicina molto di più al capostipite La Notte dei Morti Viventi, di quanto abbia fatto lo stesso George A. Romero con il recente Survival of the Dead.
In definitiva, The Dead Outside rimane una più che dignitosa opera prima, che appare solo esteriormente come uno "zombi-movie", ma che in realtà sembra trovarsi molto più a suo agio tra i labirinti dell'horror psicologico, accostandosi, anche se molto cautamente, al cinema arty. E da questo punto di vista, il tentativo della regista di realizzare un'alternativa autoriale al genere, è indubbiamente da ammirare.

22.3.12

I SETTE PEZZI FACILI DI MARINA ABRAMOVIC

BABETTE MANGOLTE

Usa
2007
93 minuti | colore
1.85:1



7 Easy Pieces è il videofilm realizzato da Babette Mangolte sulle performance della body-artist Marina Abramovic, che hanno avuto luogo dal 9 al 15 Novembre 2005 presso il Museo Guggenheim di New York. 7 spettacoli, o forse è meglio definirle cerimonie, della durata di 7 ore ognuno, dove l'artista reinterpreta nell'arco di 7 giorni, 7 celebri performance realizzate dai precursori della Body Art (Vito Acconci, Gina Pane, Bruce Nauman, ecc.) e da lei stessa, negli anni '60 e '70.

1) 9 Novembre 2005: BODY PRESSURE di Bruce Nauman (1974)
L'opera si apre con questa reinterpretazione di una performance di Bruce Nauman, artista californiano dedito alla ricerca e all'estremizzazione di tutte le potenzialità fisiche del corpo umano: sul palco viene installato un pannello di vetro dove Marina Abramovic, attaccandosi come una ventosa su di esso, sottopone il suo corpo ad una intensa pressione.

2) 10 Novembre 2005: SEEDBED di Vito Acconci (1972)
Omaggio a Seedbed di Vito Acconci. La performance originale, svoltasi nel 1972 presso la galleria Sonnanbed di New York, vedeva l'artista cimentarsi in una masturbazione, sdraiato sotto una piattaforma sopraelevata. Gli spettatori spiavano l'atto e potevano decidere se entrare anche loro direttamente in azione, oppure scegliere di restare passivi. La Abramovic reinterpreta la performance con la differenza però di nascondersi alla vista del pubblico, il quale, recintato all'interno di una piattaforma tonda, ascolta solamente i vagiti emessi dagli autoparlanti. Anche in questo caso la reazione è interessante, c'è chi ascolta impassibile, chi divertito e chi si rende emotivamente partecipe.

3) 11 Novembre 2005: ACTION PANTS, GENITAL PANIC di Valie Export (1969)
Invito erotico pericoloso: Marina, vestita con cappotto e pantaloni in pelle, sosta immobile su una sedia con un mitra in mano. Quando la videocamera si avvicina di più, si può notare uno squarcio a triangolo sui pantaloni che lascia intravedere il sesso.

4) 12 Novembre 2005: THE CONDITIONING, FIRST ACTION OF SELF-PORTRAIT(S) di Gina Pane (1973)
Gina Pane è forse la body-artist che più di ogni altro ha ispirato le opere di Marina Abramovic. In questa performance l'artista si sdraia sopra una grata metallica sotto la quale bruciano una serie di candele. Il supplizio di Marina viene interrotto ogni tanto solamente per cambiare le candele.

5) 13 Novembre 2005: HOW TO EXPLAIN PICTURES TO A DEAD HARE di Joseph Beuys (1965)
La Abramovic veste letteralmente i panni dell'artista Joseph Beuys (volto truccato color oro) per ricreare questa affascinante performance in cui culla il corpo di una lepre morta, cercando di ristabilire un rapporto con la natura.

6) 14 Novembre 2005: LIPS OF THOMAS di Marina Abramovic (1975)
In questa penultima parte, Marina si auto-omaggia con la reinterpretazione di una delle sue più celebri ed estreme performance: sul palco un tavolo e una croce di ghiaccio. Dopo aver mangiato un kg di miele ed aver bevuto un litro di vino rosso, l'artista comincia a incidersi il ventre con una lametta, fino a formare una stella a 5 punte (l'immagine è diventata una vera icona della Performance Art). La Abramovic prosegue con una fustigazione che nel corso dell'esibizione si fa sempre più violenta, e che fa riferimento a vari riti di purificazione e autopunizione dettati dalla propria fede cristiana. Di seguito l'artista si stende nuda sulla croce composta dai blocchi di ghiaccio, mentre dall'alto, un getto d'aria calda fa sanguinare la ferita sul ventre, mentre il resto del corpo è sottoposto a congelamento. Infine innalza un lenzuolo bianco (con cui si è tamponata le ferite) legato ad un bastone che diventa una bandiera da combattimento, messo in testa un berretto militare, Marina conclude cantando in ricordo delle sanguinose gesta dei Balcani.

7) 15 Novembre 2005: ENTERING THE OTHER SIDE di Marina Abramovic (2005)
Lo spettacolo si conclude con quest'opera dell'artista, realizzata appositamente per salutare il pubblico: Marina volteggia lentamente avvolta da un enorme abito blu, sostenuto da un'impalcatura posta al centro del palco. Alla fine della performance vediamo Lady Abramovic scomparire all'interno dell'imponente piramide di di tessuto, mentre una cascata di applausi apre la strada ai titoli di coda del DVD.

18.2.12

AT MIDNIGHT I'LL TAKE YOUR SOUL

JOSE' MOJICA MARINS
Brasile, 1963
82 minuti
bianco e nero
1.66:1




Debutto cinematografico del regista brasiliano Josè Mojica Marins, che in questo film ci presenta per la prima volta il suo personaggio, Ze do Caixao (o Coffin Joe, per gli americani): anarchico, sanguinario, erotomane, vestito di nero con mantello, tuba e unghie lunghissime e ricurve. Un personaggio che nel corso degli anni è diventato una vera e propria icona nel panorama del cinema horror, anche se sarebbe molto riduttivo relegare i suoi film solamente in questa categoria. Lo strano mondo di Ze do Caixao (come recita il titolo della sua terza opera O estranho mundo de Ze do Caixo, 1968) è infatti un originale cocktail composto da horror, erotismo, surrealismo, psichedelia, exploitation, addirittura anticipatore in qualche maniera del recente filone dei "torture-porn", e di cui Marins, dopo più di 40 anni dalla sua prima apparizione, ha voluto dire la sua con Encarnacao do Demonio (2008). At Midnight i'll Take Your Soul apre le porte per una trilogia, che seguirà con This Night i'll Possess Your Corpse (1966) e Awakening of the Beast (1970)

30.1.12

THE GARDEN OF EARTHLY DELIGHTS


Uk, Italia, Polonia
2004
108 minuti
colore
1.85:1 

preview gallery


A mio avviso Lech Majwski è attualmente uno dei migliori artisti a 360° della scena d'avanguardia polacca, ed è indubbiamente colui che più di ogni altro ha contribuito a far riemergere dalle ceneri il movimento surrealista. Con Glass Lips (2007) e The Garden of Earthly Delights, Majewski raggiunge i massimi vertici d'espressione (anche se Pokoj Saren - 1997, opera autobiografica di stampo teatrale, sta sicuramente al 3° posto) e sono gli unici film che hanno potuto godere di un rapidissimo passaggio anche qui in Italia (anche se poi, come al solito, non sono ancora stati distribuiti), grazie alla Città di Venezia: una retrospettiva sull'artista alla 52a edizione della Biennale d'arte nel 2007, dove è stato presentato il ciclo Blood of a Poet (33 brevi filmati riuniti in un'unica videoinstallazione, da cui è stato realizzato Glass Lips). Ma soprattutto il film a cui è dedicato questo post.
The Garden of Earthly Delights, girato a Venezia e realizzato con il supporto di Mestiere Cinema, ha vinto il Gran Premio della Giuria al Roma International Film Festival. Il film è tratto dal libro "Metaphysics" scritto dallo stesso Majewski e, a differenza di Glass Lips e Pokoj Saren (incentrati quasi totalmente sulla forma e l'impatto visivo, costruito da maestosi tableaux vivant), qui il contenuto è più evidente, indagando sul rapporto tra Claudia e Chris (i due attori, una bravissima Claudine Spiteri e Chris Nightingale, hanno deciso di dare i propri nomi alla storia). che si sviluppa attraverso arte e amore, erotismo e morte.
Lei è una storica dell'arte, esperta dei quadri di Bosch, lui, un ingegnere navale: i due s'incontrano a Londra e s'innamorano, ma quando Claudia scopre d'avere un male incurabile (un tumore alla gola, costantemente presente sotto le bende che ricoprono il collo della protagonista), i due decidono di trasferirsi a Venezia, dove la donna potrà trascorrere gli ultimi momenti della sua vita. Durante questo soggiorno, la passione di Claudia per il pittore fiammingo, si concentra sulla sua opera più surreale ed enigmatica, quel "Giardino delle Delizie" dove tutto è concesso (come dichiara la protagonista), trasformandosi in una ossessione che la porterà a ricreare e rivivere di persona le innumerevoli situazioni riffigurate nel dipinto. Il tutto con l'amorevole supporto di Chris, il quale riprenderà ogni momento, ogni minimo dettaglio ed ogni istante delle loro vite con la sua cinepresa. Quella cinepresa a mano, che con l'uso del digitale rende ancor meglio lo stile "vèritè" anche nei momenti più drammatici: "Io filmo tutto!" dichiara Chris al dottor Luigi Carrini che consiglia a Claudia di farsi ricoverare (frase quella del medico, curiosamente pronunciata in italiano con inconfondibile accento veneto). Quella cinepresa che Chris utilizza come atto d'amore e che mette in registrazione già dalla prima inquadratura, seguendo per 104 minuti gli ultimi giorni di vita della sua donna: il suo amore per l'arte, la forza che quest'ultima le dà per mantenersi aggrappata alla vita, i suoi stati d'animo, i cedimenti, il lento inesorabile aggravarsi della malattia che porterà al tragico, ma già annunciato finale. L'ultimo bacio verso quell'obiettivo che improvvisamente verrà oscurato dal rosso del sangue.
Ma anche se l'occhio della cinepresa si spegne con la vita di Claudia, resterà per sempre acceso nella vita di Chris: Claudia continuerà a vivere nei suoi ricordi, attraverso quelle registrazioni che hanno immortalato i vari momenti del loro soggiorno. Dalle loro escursioni in traghetto per la laguna fino al cimitero di San Michele (dove Majewski omaggia il compositore russo Igor Stravinsky, inquadrando la sua tomba) alle continue riflessioni di Claudia sull'arte. Un viaggio attraverso quell'arte che non si limita solamente a Bosch, ma che si estende con carellate che, nel corso della pellicola, esplorano altre opere (ricordando molto lo straordinario Arca Russa di Aleksandr Sokurov): dal Ritratto del doge Leonardo Loredan, di Giovanni Bellini, passando per Leonardo Da Vinci, fino all'arte contemporanea dove, in un magnifico piano-sequenza, Claudia s'intrattiene in un lungo monologo sul punto di non ritorno della Storia dell'Arte. Dietro di lei, una suggestiva parete bianca dipinta a spruzzi di rosso. Ma in particolar modo, resterà indelebilmente impresso il suo stato d'estasi di fronte alle "Quattro Visioni dell'Aldilà" di Bosch (in particolare alla tavola dell'Ascesa all'empireo) che accostati alla successiva immersione in preghiera, sono momenti di pura elevazione metafisica. 
Su tutto pero, spicca l'immenso desiderio di voler ricreare Il Giardino delle Delizie, reale, palpabile, vivo, la parte migliore del film (con sequenze memorabili che menzionerò nello speciale: Lech Majewski e Il Giardino delle Delizie), attraverso le pittoriche visioni dell'opera di Bosch, che nel film diventa il punto di forza centrale da cui il regista evoca i dettagli più surreali (eros e thanatos in primis), e il suggestivo sfondo del capoluogo veneto, anch'esso avvolto in un clima straniante, estraneo alle solite rappresentazioni (la sequenza del rospo in traghetto riporta al surrealismo di un Magritte). Chris riavvolge continuamente quel nastro con l'idea di non riavviarlo più, ma la tentazione è troppa, come la sofferenza e il tormento che lo distruggono interiormente (emblematica la sequenza dove il medico da la notizia della morte di Claudia), e Chris riavvia per tre volte la registrazione, con timore, mettendo in pausa prima che il medico finisca il suo discorso. 
Ma anche quando la cinepresa si spegne, intorno a lui rimane il ricordo di tutto il resto: il vestiario e le scarpe, che Chris custodisce nella valigia (quella valigia, anch'essa oggetto delle loro sperimentazioni), e che successivamente seppellisce nel parco dove più volte era stato, con la sua amata, la dove, su una panchina è incisa una frase: "In memory". In memoria di quell'amore, consumato tra le mura di quell'appartamento, tra le lenzuola del letto o sotto la cupola di nylon che li vedeva protagnisti di una delle loro rappresentazioni del quadro. La presenza è ancora forte, e anche se la cinepresa resta spenta, Claudia è sempre lì, tra quelle cose... con lui!
The Garden of Earthly Delights è la storia di una vita votata all'arte, e di un amore offerto a quella vita con struggente passione, con un inarrestabile tormento interiore, fino alla consapevolezza della verità!

LECH MAJEWSKI E IL GIARDINO DELLE DELIZIE

Innanzitutto voglio fare una breve introduzione di protesta, non servirà a niente, ma chi se ne frega, quello che conta è lo sfogo.
The Garden of Earthly Delights è una co-produzione Italia-Gran Bretagna, un film che è un meraviglioso viaggio attraverso l'arte. Girato in Italia in una città come Venezia e realizzato con il supporto di una società italiana, Mestiere Cinema (a cui faccio i più vivi complimenti), la quale ha però dichiarato con rammarico, di non voler più realizzare film di questo stile. Perchè? Il motivo naturalmente è che poi questi film non vengono distribuiti nel nostro caro e amato Paese. Nel caso specifico del film di Majewski, nonostante la realizzazione e il supporto italiani e la proiezione al Roma International Film Festival, con relativo riconoscimento del Gran Premio della Giuria, non è ancora disponibile una distribuzione in dvd sul nostro mercato. Come al solito bisogna ricorrere alle etichette estere, naturalmente in lingua inglese e senza uno stralcio di sottotitoli! Decisamente Vergognoso! (si, con la V maiuscola).
Capisco che la cosiddetta massa sia propensa per un cinema baraccone e di puro intrattenimento, affollando come invasati quei multisala che oramai sono diventati degli enormi luna-park (meno male che resistono ancora le care salette d'essai). Ma almeno una minima distribuzione in supporto, per un film che al 70% può essere considerato nostro, accontentando anche quelle persone che nel cinema cercano altro, è chiedere veramente troppo? Stop!
Ok, ora torniamo a parlare di The Garden of Earthly Delights e delle sequenze che meglio rievocano il trittico di Bosch.
Come scrivevo nella recensione, le surreali visioni di Lech Majewski si concentrano nei vari momenti dove Claudia coinvolge Chris nella rappresentazione vivente dell'opera di Bosch, e il suo immenso desiderio di realizzarne un film.

Una breve sintesi sul quadro
IL GIARDINO DELLE DELIZIE di Hieronymus Bosch, è un trittico a olio su tavola della misura di 220x389 cm. Realizzato approssimativamente tra il 1480 e il 1490, è attualmente conservato nel Museo del Prado di Madrid ed è ritenuto il capolavoro dell'artista, nonchè la sua opera più ambiziosa e complessa.
L'opera rappresenta numerose scene bibliche e ha probabilmente lo scopo di descrivere la storia dell'umanità attraverso la dottrina cristiana medievale.
È formata da un pannello centrale di forma pressoché quadrata al quale sono accostate due ali rettangolari richiudibili su di esso; una volta piegate mostrano una rappresentazione della Terra durante la Creazione. Le tre scene del trittico aperto sono probabilmente da analizzare in ordine cronologico da sinistra verso destra, per quanto non vi sia la certezza di questa lettura. Il pannello di sinistra rappresenta Dio quale perno dell'incontro tra Adamo ed Eva; quello centrale è una vasta veduta fantastica di figure nude, animali immaginari, frutti di grandi dimensioni e formazioni rocciose; quello di destra è invece una visione dell'Inferno e rappresenta i tormenti della dannazione.
                                           
da Wikipedia

Majewski, pur ispirandosi principalmente al pannello centrale, che dà il nome all'opera stessa, inserisce qualche spunto anche dal Giardino dell'Eden e
dall'Inferno Musicale. Ho voluto confrontare le scene della rappresentazione dei due protagonisti con quelle raffigurate nel quadro, procedendo per ordine di apparizione come nella pellicola.

1) LA VALIGIA
Nel film: Claudia e Chris cercano ironicamente di rinchiudersi all'interno di una valigia.
Nel quadro: l'immagine, raffigurata nella parte bassa, ci mostra un uomo che trasporta sulle spalle un'enorme conchiglia dove all'interno s'intravedono fuoriuscire le gambe di due persone (Il Giardino delle Delizie).


2) IL GRANCHIO E IL PESCE
Nel film: Durante una delle loro escursioni per Venezia, i due protagonisti s'imbattono in una bancherella del pesce e si soffermano ad osservare un granchio, un polpo e un pesce. Chris filma il tutto, la loro idea è quella di realizzare una scena sulla creazione.
Nel quadro: nel pannello sinistro del trittico, raffigurante Il Giardino dell'Eden, una serie di animali anfibi esce dall'acqua (roccia antropomorfa, posizione centrale a destra). Un grosso pesce è raffigurato anche nel pannello centrale, in basso.

 

3) L'UOVO
Nel film: Chris si posiziona, a turno, una serie di uova sulla testa, cercando di farle stare in equilibrio senza farle cadere. Ogni tanto l'inquadratura si sposta verso il basso, mostrandoci il risultato di questa performance: una frittata!
Nel quadro: nell'Inferno Musicale viene raffigurato un uomo accovacciato con un enorme uovo sulla schiena.


4) LA FONTANA
Nel film: sequenza notturna, i due protagonisti inscenano un balletto nudi sotto una fontana, improvvisamente si sente la sirena della polizia e i due cominciano a fuggire per le vie della città.
Nel quadro: Verso il centro, a sinistra, è raffigurato un laghetto con una coppia danzante, intorno a loro una serie di persone viene scrutata da enormi animali. (Il Giardino delle Delizie)


5) LA VESTIZIONE DEL NYLON
Nel film: al mattino sulla spiaggia, Claudia si mette in posa coperta solamente da un telo di nylon trasparente.
Nel quadro: verso il centro a destra, tre persone sostano sotto una specie di pianta a forma di ombrello trasparente (Il Giardino delle Delizie)


6) L'INVOLUCRO DEL PIACERE
Nel film: questa è una delle scene che riesce a rappresentare al meglio una delle raffigurazioni contenute nell'opera, e si collega direttamente alla vestizione del nylon. La coppia si abbandona ai piaceri della carne all'interno di un involucro sferico di plastica trasparente, costruito e sistemato al centro del soggiorno.
Nel quadro: sempre nel lago dov'è raffigurata la coppia danzante, un'altra coppia si abbraccia all'interno di una bolla trasparente supportata da un gambo che emerge dall'acqua, una sorta di strano fiore.

7) I PIACERI DEL PALATO
Nel film: sequenza successiva alla n°6, ci mostra una bellissima inquadratura di Claudia mentre riposa all'interno dell'involucro, addornata da una vasta quantità di uva e frutti di bosco (forse la rappresentazione migliore di tutte). Subito dopo vediamo la mano di Chris che imbocca la donna con una ciliegia (nell'opera di Bosch, simbolo della lussuria e del peccato). La scena si conclude con una Claudia sensualissima, mentre assapora un'anguria.
Nel quadro: svariate sono le situazioni presenti nel trittico, che raffigurano gruppi di persone alle prese con enormi frutti, ma due sono quelle che i protagonisti cercano di ricreare. La prima immagine, sempre raffigurata nel lago, vede un gruppo di persone riunite in cerchio attorno ad un enorme grappolo d'uva. La seconda, raffigurata in basso a sinistra, ci mostra la donna seduta che assapora l'anguria, mentre dietro a lei si nota un'altra persona con una strana creatura (un ibrido tra un frutto e un animale) sopra la schiena.


8) IL ROSPO
Nel film: sullo sfondo Venezia, in primo piano un grosso rospo all'interno di un vaso di vetro, che viene trasportato in traghetto verso l'appartamento dei protagonisti (immagine dal forte impatto surreale). L'animale serve per realizzare una scena presente nell'inferno musicale. Claudia, sul letto, con il rospo che le passeggia tranquillamente sopra il corpo nudo.
Nel quadro: l'immagine è raffigurata in basso a sinistra. Una donna in stato d'incoscienza, seduta a terra con un rospo sul torace, si specchia nella terga di un demone (rappresentazione del peccato di superbia), mentre dietro di lei una creatura con le fattezze da lupo le cinge la vita.


9) LO SPARTITO MUSICALE
Claudia disegna sul corpo di Chris le note di uno spartito, che copia con precisione da un immagine raffigurata nell'Inferno Musicale.